2001 Senza Titolo
gesso acrilico legno su tavola 88×25

Un Neo-decorativismo fatto di luce
Un innato senso per la materia che si aggrega secondo motivi liberi e biomorfi unitamente ad un altrettanto connaturato estro strutturante-decorativo, caratterizzano l’indole inventiva di Patrizia Gabriele, un’artista con alle spalle una bella esperienza creativa ma che però raramente si è presentata al pubblico forse perché completamente coinvolta in quella sua laboriosa e gratificante attività concrettiva in cui la fantasia realizza nuove modalità espressive, raccoglie e assembla cose, forme, materiali anche di scarto o d’uso comune che giustapposte ed organizzate divengono preziose operazioni estetiche in cui si vengono a rivelare ,altresì, due interessanti aspetti noetici, quasi due anime, l’una fluida e bidimensionale e l’altra geometrica e spaziale. Tale dicotomia linguistica ,fondata sul binomio rigido-lineare, e che in un primo momento potrebbe apparire antitetica, si rivela, a ben guardare, complementare e sinergica modalità inventiva. La tensione espressiva che, difatti, viene a generarsi tra l’andamento fluido e spontaneo che struttura le immagini mediante la calda fisicità di materiali come il cemento, la sabbia, il colore acrilico e l’esistenza altamente definita di oggetti già pronti come perline, corde o tubi di cartone o plastica, si risolve alla stregua di una conciliazione degli opposti tramite l’armonioso senso compositivo dell’artista. La Gabriele gestisce la superficie pittorica o le costruzioni plastico-spaziali assecondando proprio quella spontanea propensione all’assemblaggio ed organizzazione di morfemi o moduli che, ripetuti, riescono a tessere trame polisemiche. Mi viene in mente la “Ripetizione differente” o il “Neodecorativismo” che negli anni ottanta si proposero come neo-avanguardie nel panorama artistico statunitense. Ma tali movimenti neo-sperimentali si configuravano come inquadrati in filoni espressivi molto specifici senza possibilità di ‘travaso’ o di interferenze linguistiche come invece avviene, secondo morbide sequenze e senza forzature, nella nostra autrice. La Gabriele riesce benissimo in questo suo confluire dal rigido al fluido, in questa simbiosi tra angolo retto e configurazione lineare. Dal meccanomorfo al biomorfo, dal mondo della materia inerte al mondo della vita, l’artista sa privilegiare sia i valori di texture inter-na, quasi un patterning, e sia le circonvoluzioni libere e ricamate risultanti da schemi inventivi più ludici e tali da creare ritmi formali che potrebbero naturalmente oltrepassare i limiti materiali del supporto che li argina. In tal modo si crea un “allover painting” o meglio ancora un “allover patterning” ossia una decorazione dappertutto, suscettibile di estendersi ovunque. Una sorta di creatività neo-liberty, ben inteso un liberty sintonizzato sui morfemi della contemporaneità, in grado di invadere l’ambiente che ci circonda qualificandolo esteticamente come nel caso delle belle sedie che l’artista ha più volte rivisitato e che confermano l’attenzione della ricerca attuale per le operazioni sinestetiche, ossia, per quelle realizzazioni artistiche che siano in grado di sollecitare tutta la nostra sensorialità rendendoci quel positivo senso di circolarità vitalistica tanto cara a Bergson. La componente decorativa, tra l’altro, così presente in tutte le manifestazioni della nostra esistenza, diviene, nelle opere della Gabriele, elemento particolaristico e naturalmente prezioso perché correlato a significative valenze semantiche e non fine a se stesso come invece accade nella comune esperienza esornativa. Il decorativismo dell’artista si carica difatti di contenuti emotivi ma anche fisici, fatti ad esempio di forti sensibilità nell’uso del colore a volte così calibra-to, attento ai contrasti o, al contrario, alla fusione dei toni. Una poetica visiva che, comunque, oltre che dai valori propriamente estetici si lascia gestire anche da motivi ispirativi, da pretesti noetici, come nel caso di quest’ultima produzione in cui il tema della luce sovrintende ad ogni singola genesi ideativa. Non a caso, infatti, nelle opere più recenti, si evince l’utilizzo insistito dell’oro o di perline colorate e lucenti che, come fulgidi spiragli, vanno ad invadere lentamente scabre e monocrome superfici. Ancora una volta si realizza, così, quella particolare attitudine alla dicotomia e la sua sintesi dove l’abile contrasto tra brillantezza ed opacità, tra luce ed oscurità divengono espressione di un simbolismo latente e di un profondo senso vitalistico. Anche il materiale stesso che da adito ad increspature o si lascia scalfire e trapassa-re dai fluidi fili dorati o ancora irretire da corde e quant’altro, rientrano, in tale poetica vitalistica così come la luce che è fonte inesauribile di vita materiale e spirituale. La luce, allora, come punto fermo, come dato fondante di questo ciclo di opere e come elemento visivo ma anche semantico cui l’artista affida l’importante ruolo di conciliare gli aspetti oppositivi del proprio linguaggio espressivo ma anche gli universi antitetici dell’esistenza, le anime contrapposte del mondo che possono farsi complementari ed integrarsi vicendevolmente quali manifestazioni di un’unità finalmente ricostituitasi. Luce che la Gabriele ha catturato ed eternizzato addentrandola nella materia, circondandola o risolvendola in fluidi decori come elemento che abolisce qualsiasi dicotomia, in grado di eliminare le gerarchie e disporre in senso orizzontale ogni manifestazione visibile. Luce quale unico e meraviglioso fenomeno che la natura ci ha regalato per farci vedere la vita e allontanare le tenebre.

Maria Augusta Baitello

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