1996 Senza Titolo
tecnica mista su tavola e tela 93×33

In cima al mare
Omero, il poeta “che le Muse lattàr più ch’altro mai” (Purg. XXII, 102), canta di un mare color ‘del vino’ nel libro primo dell’Odissea; percorso privilegiato dalla saggezza dell’instancabile navigatore, Ulisse, che della vita fa esperienza profonda, poiché “fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir vertute e canoscenza” (Inf. XXVI, 119-120). Profondità la quale torna acquietata e quietante nei toni centripeti che dall’azzurro insegna Kandinsky conducono alla riposante e distaccata serenità del verde. Colori, questi, prediletti dalla pittrice, la cui arte, forse, si impregna della memoria di un’infanzia trascorsa sulla laguna veneta. Luminosa immagine che ne scaturisce dal colore acrilico, dal supporto naturale, e volutamente ricercato, del legno (essenziale tramite su cui Venezia inabissa le sue radici nell’acqua); solari i minuti cristalli dispersi sulla tela, richiamando la loro appartenenza alle fucine di Murano, la cui armonia racchiude il sogno, e il naufragio, dell’organo vitreo del Dardi, tramandati nel Fuoco dannunziano. Ancora D’Annunzio evoca L’onda alcyonia: “Nella cala tranquilla / scintilla, / intesto di scaglia / come l’antica / lorica / del catafratto, / il Mare.” Stimolante rivisitazione, per similarità poetica, mentre lo sguardo dello spettatore affonda nei quadri della Gabriele. Mare, Madre, Materia linguisticamente contrassegnati dal medesimo fonema annota Jung e sostanzialmente improntati dal ‘femminile’ E’ dall’onda del mare che nasce Venere Botticelli illustra e Foscolo descrive, con pari sublimità l’archetipo della bellezza muliebre; ‘rompe le acque’ il nascituro, a perfezionamento della maternità; genera la natura i suoi frutti materiali, secondo il mito della Grande Madre, realizzando la vita della terra e sulla Terra. Di materia si alimentano le creazioni dell’artista Patrizia, donna e madre. In alcune, il materico veste la centralità dell’opera, dando così forma a bassorilievi e sculture. Sostanze inerti e di recupero, manipolate con artistica sapienza, ora con delicata sensibilità, ora con vigorosa vitalità, si intrecciano con filati, inserti di rame (Venere) e garze, per conseguire un ordine e formare un ordito; entrambi i termini rimandano allo exordior latino, principio della tessitura. Esemplifica la lingua inglese: il termine wife significando moglie, ed avendo comune radice col verbo to weave, ovvero sia tessere, sia costruire una storia su dei fatti. L’opera d’arte finita é il fatto (manufatto) che l’artefice ha coordinato mentalmente, pensandolo: tramando un’idea, inseguita dall’emisfero cerebrale creativo (e pertanto `femminile’); quindi resa dalla tela o altro materiale che sia al pubblico. Offrendo attenzione al soggetto della pittura in mostra, si coglie pure, e pura, la vitalità che esplode in quell’oro (sole) prezioso, e già amato in Klimt, e in quegli sprazzi di un estetizzante arancione Huysmans ne fa il colore preferito dal suo più noto protagonista letterario che attraversano balenanti il dipinto; diversamente, scie di luce conferiscono riflessivi attributi lunari (argento) al cammino ‘marino’ dell’Artista. Dal mare ricevette, il pescatore Glauco, il dono dell’immortalità; narrato dalle Metamorfosi (XIII) ovidiane , e perpetuato dal verso dantesco: “qual si fe’ Glauco nel gustar dell’erba” (Par. 1, 68). Nel mare realizza la sua esistenza terrena il pescatore Santiago, approdato sulle pagine di Hemingway. Resta comunque, il mare; sulla cui cima immaginaria è depositata ogni forma elevata e profonda, (consapevolezza e inconscio), di Conoscenza, ed al quale dedica la sua arte Patrizia Gabriele.

Mario Falcucci

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